Il recinto del Casteller e la storia dell'orso raccontata da Sardi
Insomma, nessuno si è preso la briga di andare al Casteller a vedere quel recinto che é una gabbietta, per un animale come l’orso capace di percorre oltre 40 chilometri al giorno. Anche gli animalisti, quelli che scendono in piazza con le scarpe di pelle, non hanno chiesto di compiere un sopralluogo accontentandosi della “velina” ufficiale, senza comprendere che un orso non può stare in una prigione. Come era accaduto nella buca di Sardagna, nella vergognosa grotta di Gocciadoro e, attualmente avviene a San Romedio.
L’orso non può stare in gabbia; novanta orsi non possono vivere nel Trentino dove ci sono boschi con malghe, allevamenti, sentieri, strade forestali frequentatissimi mentre in Slovenia, Bulgaria, Romania ci sono foreste percorse solo da squadre di boscaioli o da cacciatori, anche trentini, che, pagando ragguardevoli cifre, sono accompagnati a cacciare cervi, daini, appunto orsi. Che è difficile vedere, ma il cacciatore ha già pagato e si accontenta di una bella gita. In una foresta, che non è un bosco.
A proposito di pagare. Si risale al 2 febbraio del 1818, all’avviso del Governatore dell’Imperial e Regio Governatore conte Pietro Goess. Si pagavano 40 fiorini per un’orsa uccisa, ma dieci in meno per un orso maschio; 25 per una lupa e 20 per un lupo maschio.
Andiamo indietro nel tempo, al 1673, al libro di Michelangelo Mariani che racconta il Trentino ai tempi del Concilio per leggere (pagine 495 e 590): «E’ noto che l’orso, nei secoli addietro si estendeva a tutto il Trentino e ve la faceva da dominatore tra gli animali della foresta». Appunto foresta, e non boschi, dove c’erano «lupi che a torme scendevano dai monti ad assalire persino gli abitati».
Poi sul finire dell’Ottocento ecco il libro “L’orso nel Trentino” di Francesco Ambrosi che è un lavoro ricco di cenni storici e naturalistici. Insomma la storia dell’ orso nel Trentino, dal Primiero dove l’ultimo esemplare fu ucciso nel 1842, al Tesino dove il 28 ottobre del 1840 tre boscaioli, due di Caoria e Lorenzo Boso di Castello Tesino, si misero sulle tracce del plantigrado «che vagava da tempo. Fatto un cammino di circa due ore, s’appostano in luoghi adatti e scovacciato l’animale, Vincenz Loss scarica il proprio archibugio e lo ferisce. Ma la ferita non era mortale, la bestia si slancia contro di lui e lo azzanna per la coscia e al dorso».
Il cacciatore si dimena con forza «tenendo la testa sotto le formidabili mascelle e così avvinghiato insieme da formare dei due un solo corpo, andava rotolando giù per l’erba. Uno dei compagni, Tabarro Loss, preso da spavento si dà a gambe, ma il Boso affronta il pericolo» e roteando il proprio archibugio, colpisce l’orso alla testa, «l’ arma va in frantumi, ma alla fine riesce a togliere il cognato – Vincenz Loss e Boso erano parenti – dalle angosce spaventose della morte vicina. L’orso è ucciso» e Vincenz Loss tornerà a casa molto malconcio.
Ancora dalle pagine dell’Ambrosi. «Nel 1825, poco sopra Sardagna, fu ucciso l’ultimo orso che avesse osato avvicinarsi a Trento» e c’è il racconto di don Chiliano Zanella attorno ad un orso ucciso a Caoria e, forse, la ristampa delle 45 pagine del volumetto dell’ Ambrosi potrebbero interessare quanti, prima o poi, dovranno decidere il futuro dei 90 animali nel Trentino.
C’ è chi suggerisce il trasferimento – ma è possibile? E quanto ci costerebbe? nelle foreste della Slovenia o della Bulgaria; si era discusso in consiglio provinciale, era il luglio del 2015, di abbattimento o sterilizzazione. Non ci sono stati cambiamenti, gli orsi si accoppiano, cercano da mangiare, se necessario sbranano gli animali che trovano, distruggono arnie, bussano – si fa per dire – in qualche casa dopo aver sfondato porte e finestre delle malghe. Tutto va bene. Finché paga la Provincia e nessun si fa male. (Nella foto: una siepe a forma di orso, realizzata per "Trento in fiore" in piazza del Duomo nell'anno 2000)
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